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martedì 3 febbraio 2015

I musei di New York hanno un microclima anti-cipolla

Il bicchiere da 500ml colmo di liquidi fluo e ghiaccio è parte integrante del loro outfit: i turisti a New York sono soprattutto nord-americani alla scoperta della loro madre patria. Questi personaggi dal sobrio look, si conservano in stanze trasformate in celle frigo dall'aria condizionata per paura di estinguersi. Per un turista del vecchio continente come me cresciuto con il dogma dell’abbigliamento a cipolla e del ventilatore puntato verso l’alto altrimenti-ti-becchi-un-raffreddore, gli sbalzi di temperatura nei musei sono una minaccia.


Anche il museo Guggenheim sembra una cipolla. La cupola di 30 metri è avvolta in 400 metri di rampe: sono più attratto dalle linee dell’edifico che dalle gallerie d’arte, tipo quando l’outfit delle tipe mi colpisce più della loro effettiva bellezza. Tra le gallerie, se la regna l’opera controcorrente di Pissarro del 1867 che dipinge scene di comune vita rurale in controtendenza ai tipici soggetti mitologici dell'epoca. Tipo parolacce in TV.

Al Metropolitan Museum, hanno preso l'Egitto e portato a New York.
Il luccichio delle statue nere mi ricorda il delicatissimo asfalto ginevrino condito di vetro.


Al museo di Storia Naturale faccio i conti con l'ignoranza che pervade la mia esistenza. Dovremmo andare a scuola nel pieno della nostra maturità intellettuale, non da ragazzini con i brufoli. Nel padiglione dei popoli asiatici c'è la musichetta giapponese, nel mio sussidiario di quinta al massimo c’era la pagina sporca di fruttolo. Ho bisogno di volare alto, molto alto ma all’interno dell’Empire State Building, non capisco se l'attrazione sia King Kong o l’opera architettonica. La notorietà dello scimmione cannibalizza il grattacielo.


Non distante dall'Empire State c'è il MOMA, dove oltre ai Picassi e i Van Goghi è di scena l’arte contemporanea: Mottler è una mutanda indurita a testa in giù di Georg Herold mentre Lynda Benglins espone delle merde di rame ed alluminio. C’è anche una signora che ride in modo spropositato ma meglio non disturbare, sarà un'opera d'arte anche quella. 

Nel frattempo anche il mio shopping si fa creativo: incrocio i Fabrika Ouch, 2 artisti che imbrattano con stencil le mappe di piste ciclabili del 2013. Scelgo quello con 2 statue della libertà rivestite di filo spinato: questa mossa sicuramente donerà un pizzico di trasgressività al mio monotono monolocale ginevrino. Pago con carta di credito alla bancarella attraverso un dispositivo Paypal collegato al loro iphone, benvenuti nel futuro. 


Le pareti dei fossati dove sorgevano le Twin Tower sono oggi ricoperte da cascate d'acqua. Un cartello invita i visitatori a toccare il pannello con i nomi delle vittime e avvisa che verrà messa una rosa bianca su ogni nome il giorno del suo compleanno.Si respira un'atmosfera particolare, è una valle di lacrime: il silenzio solenne, lo scroscio dell'acqua e i nomi delle vittime incise sul perimetro del fossato farebbero commuovere anche Nelson Muntz. La mia ultima giornata a New York è di 30 ore ed è iniziata con la visita al world trade center. Procederà con rifacimento bagagli + volo 8 ore NY GVA + 9 ore in ufficio. 

Musica classica accompagnava l'imbarco sul volo United da Newark a Ginevra. La stessa sinfonia che all'andata mi sembrava un inno alla gioia, al ritorno pare una marcia funebre.

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mercoledì 5 novembre 2014

Mangiar bene a New York: 24 mila calorie in 24 ore



10am. 
C’è una selezione musicale raffinatissima al Lenox coffee che definirei "coccole per il cervello". Country? Folk? Pace-dei-sensi music? Inutile shazammare e provare a recuperare le tracce, ascoltate in altri contesti non sortirebbero lo stesso effetto. L'ambiente è caldo, color mattone. La mia colazione si è allungata piacevolmente come il caffe mentre scrivevo alcuni appunti. Goodmorning Harlem.


11am. 
Lo snack è d’obbligo da Farinella Bakery, la catena di pizzerie di Polo de La Famiglia. Gli storyteller mi hanno sempre affascinato e ad appena un minuto dai saluti eravamo già a raccontarci di storie pigre in riva al mare e di un cellulare che squillava in ufficio.

1pm. 
Take this broken wings! A pranzo, il grasso del pollo di Charles aveva reso tutti i miei fazzoletti unti e trasparenti. A parte le norme igieniche approssimative e il locale minuscolo, la bontà delle ali di pollo dello zio Charlie è smisurata! Ancora un mini-punto per Harlem.


4pm. 
Nel pomeriggio, la crack pie del Momofuku Milk Bar è senza dubbio la specialità culinaria che mi ha stupito di più a New York. Un concentrato zuccheroso con un peso specifico notevole è camuffato da innocente e sottile fettina di torta. Merendina sublime!

9pm. 
Per cena mi sono rifugiato nella pasta in almeno un paio di occasioni: tagliatelle al ragu da Eataly e rigatoni alla puttanesca da Via della Pace. In entrambi i casi il mito de la-pasta-buona-si-mangia-solo-in-Italia è stato stafatato.

10pm. 
Il dessert è il regno di Max Brenner, una cioccolateria fondata da 2 soci, Max e Brenner. Al quarto passaggio in 3 giorni, decido finalmente di entrarci: il milkshake helmnutz vale il biglietto d'ingresso mentre la focaccia al cioccolato con mushmellows non puo’ ancora nulla contro la nostrana pizza con Nutella!



11pm. 
Pickle juice in a pickleback shot! Per il drink in seconda serata ci si sposta nei bar di East Village dove il cocktail è accompagnato sempre da un bicchiere d’acqua. Al Belfry il drink servito nel barattolo è la nuova tendenza hipster ma il succo alla pera è ancora uno sconosciuto.

2am. 
Al termine della giornata, l’hamburger è sempre una buona soluzione in caso di attacchi di fame notturni. Da Five Guys, le croste di pancetta sapientemente fritte incontrano l’ignoranza dello slang newyorkese della cassiera. Il pretzel di Wendy è una valida alternativa che ho apprezzato dopo una strepitosa campagna dei Boyz II Men. YES YES YES!


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domenica 5 ottobre 2014

La grande mela è più grande del previsto



Google map è ingannevole: a New York gli edifici sono così numerosi che spesso devo attraversarli per continuare il mio percorso; Le distanze sono così enormi che spesso la freccia di posizione fa fatica a muoversi; L'esigenza di ricaricare l’iPhone è così alta che spesso a Central Park ho dei miraggi e vedo dispositivi di ricarica ad energia solare (#Attstreetcharge).


Little Italy è un' overdose di striscioni tricolore che tappano la via con speciali promo vino included. Little Italy è un'orgia di parole italo-americane scritte male e accoppiate a caso: hot zeppole, best cannoli, linguini marinara e l'originale format da Taormina "salumeria pizzeria".


Chinatown è un pezzo di Cina, quella con i cinesi, no fake. In quei blocchi il cinese è la prima lingua e anche Canal street è indicata con un cartello in mandarino. I mandarini hanno cartelli in dollari. "È naturale l'acqua?" "Si, presa dal fiume" rispose il cinese. 

La passeggiata sul East River Park è rigenerante, ideale per jogging e passeggiate esistenziali di mezza gioventù. Nell'east village, all'altezza di Alphabet City, ho deviato per ammirare il tributo del leggendario Alberto "Chico" Garcia a Gil-Scott Heron: ci hanno piazzato un faro per la visione notturna. 


Al Lego store del Rockfeller Center, su 10 persone che entrano, 1 acquista e 9 cazzeggiano con selfie e foto ai mattoncini colorati. Per posizionarmi con la minoranza, ho acquistato un portachiavi. Sulle ali dell’entusiasmo, continuo sulla 5th avenue e ne approfitto per svaligiare l'NBA store con scontrino a tripla cifra sulle rime di J. Cole. 



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sabato 13 settembre 2014

Una domenica gospel ad Harlem




La "libera offerta" di 20$ all'ingresso mi ha ricordato la richiesta di un parcheggiatore abusivo napoletano. La mia "donazione" è andata così a finanziare le spese della chiesa battista di Mt. Neboah ad Harlem una domenica mattina di fine estate. 

Da quando il pastore ha preso quella Mercedes, il carburante va via più dei fedeli! C'è anche un bel posto auto dinanzi alla chiesa riservato al suo carro nero per un parcheggio sostenibile. La messa delle 11 è uno spettacolo nel senso che sembra di assistere ad uno spettacolo: i turisti ammirano la recita posizionandosi sui balconi che circondano l'interno. Al pian terreno, la comunità nera del quartiere è riunita e la teatralità di un film ambientato nell'Alabama degli anni 60 è fedelmente riproposta: grosse, grasse matrone nere rivestite di colori accecanti arrivano in taxi e si accomodano tra i banchi. 


La partecipazione è l'aspetto migliore. Come in un concerto rap o una tragedia greca i fedeli rispondono a voce alta alla predica/preghiera/canzone del pastore con esclamazioni tipo: "Yeah, you are right!", "oh Jesus!!", "glory glory glory". Un tizio vestito di bianco distribuisce fazzolettini per un mix di sudore e commozione generale. La musica è divina: batteria, tastiera, amplificatori e coro avvolgono la chiesa con storie che nascono e si evolvono dal parlato in modo molto naturale. La messa è finita, andate in pace. Amen, pronunciato come "He-man" and the masters of the universe. 


Mi abituo presto alla 125th e alla suoi indigeni Air Jordan dotati. Ogni tanto un vecchio senza testa o un grassone con una gamba di legno mi rivolgono la parola con frasi incomprensibili. Dopo mezzanotte separo il resto dei soldi in tasca da un Lincoln che accontenterebbe anche il pirata piu cattivo di Harlem.

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martedì 2 settembre 2014

Il primo impatto, la 125esima e l'acqua in scatola

L'aria condizionata nella metro di New York è la prima di una lunga serie di esagerazioni.


Atterro a Newark dopo un viaggio di esagerati pisolini e cibo di dubbio gusto offerto dalla UNITED. Il transfer dall'aeroporto mi porta alla Settima Avenue che mi offre il primo assaggio della città che non fa pisolini. Le scale di Penn Station danno direttamente sul maestoso Madison Square Garden. Esagerato smarrimento. Non mi lascio ammaliare dal canto delle sirene e rientro nel sottosuolo: raggiungere l'appartamento di Harlem e sbarazzararmi dei bagagli è la mia prima missione. L'aria condizionata in metro è insopportabile, si ammaleranno tutti.


L'impatto con la 125esima ad Harlem è di nuovo esagerato: sono uno dei pochi bianchi dell'isolato. Un tizio all'incrocio della metro attira i passanti con prediche da veterano di guerra sputate dal un enorme sound system. A popolare l'incrocio tra la Lexington e la 125esima c'è una specie di classe intermedia tra ceto basso e senzatetto. Urla, canti e danze. Tra un cellulare e una birra ti ruberebbero la birra. Raccoglierebbero mozziconi di sigaretta dal suolo per fumarne l'ultimo tiro. Di nuovo smarrimento. Ho bisogno di un taxi. È un quartiere sicuro dice il tassista.


Brian e Nicole, sembrano simpatizzare per gli italiani: faccio qualche chiacchiera con i miei 2 nuovi coinquilini e scappo al MOMA PS1 a Long Island. Nell'outdoor del museo durante i sabati estivi, con il 5 points ancora sullo sfondo, c'è il WarmUp: i Dj set incontrano la gente contenta. Il Dj Set di Dam-Funk era nella mia to-do-list: etichetta Stones Throw, speciale attitudine funk e tendenze elettronicheggianti. Mixa, canta e suona. Esagerato, gente presa bene. Il bartender mi serve pina colada dall'apposito distributore di pina colada: esecuzione discutibile ma mucho gusto! Prima di rientrare faccio una tappa da Five Guys per gustare il bacon cheese burger piu buono della storia. Il bacon saporito e bruciacchiato lo rende speciale almeno quanto l'acqua in scatola.


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sabato 30 agosto 2014

Welcome to #SasaYork



Oltre ad invitarmi ad indossare pantaloni stretti, gli amici mi consigliano da sempre un viaggio a New York consapevoli della mia passione per l’hip hop, gli hamburger, il basket, la streetart, i party con le luci colorate e le colazioni XL con tripla bustina di zucchero. 

Ho sempre rimandato l'appuntamento con la grande Mela a causa della carenza di compagni di viaggio altrettanto motivati ma, alla vigilia dei miei 30, la sveglia non è più post-ponibile e l'american #SasaDream si sta concretizzato finalmente nell'american #SasaTrip.

Ormai dopo l’invenzione del bastone per i selfie, viaggiare da solo non è più un problema! Inoltre un compagno di viaggio a NYC significherebbe passare un’intera giornata di caldo afoso in fila con giapponesi e italiani per scalare la statua della Libertà.

L’esperienza da solo-traveler mi ha permesso di pianificare ogni dettaglio della mia vacanza seguendo unicamente il mio gusto personale: con il proliferarsi di mezzi tecnologici e social cosi è diventato davvero facile accedere ad informazioni, considerare alternative e incontrare indigeni.

Su Resident Advisor ed Eventful ho trovato gli eventi cool. Su Complex, Gothamist e TimeOut ho trovato consigli e dritte. Su SeatGURU ho scoperto che il mio posto in aereo e di soli 3 pollici più largo di un posto easyjet. Su AirBnB ho cercato, selezionato e prenotato una stanza ad Harlem. Su Facebook ho creato una lista con tips ed update delle principali location che visiterò. Una playlist su Spotify e una su YouTube guideranno la mia ispirazione. Su Coushsurfing ho cercato persone locali per alcuni tour, mentre su OkCupid ho cercato gnocche locali per alcuni party. Ho usato infine Maps di Google come pin board per annotare il tutto. Proprio in questa settimana i signori di Instagram hanno lanciato la nuova app Hyperlapse, un timelapse video editor che darà un tocco di classe (e velocità) ai miei video.

Supporto fondamentale di amici e colleghi che mi hanno motivato e ricordato alcune regole importanti: non rispondere necessariamente ai “hey, what’s up?” pensando che la gente sia effettivamente interessata al tuo status, ricordarsi sempre di lasciare la mancia di circa 20%, andare con largo anticipo in aeroporto per i controlli con i dispositivi a batteria carica.

Nel frattempo si parte, 8 ore di volo separano il Jet d’Eau di Ginevra al Jet lag newyorkese. Cercherò di non far caso a quella voce di 2,5 dollari sul mil ticket chiamata "11st eleven tax”. Welcome to #SasaYork.

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